metodo charmat

Vino spumante e metodo Martinotti o Charmat

Quando si parla di produzione di vini spumanti, molto spesso, si fa riferimento prevalentemente al cosiddetto metodo classico, cioè quello che prevede la rifermentazione in bottiglia.

Esiste però un altro metodo, noto come metodo Martinotti o Charmat che produce risultati sicuramente diversi. Risulta essere maggiormente indicato per ottenere una specifica gamma di spumanti.

Il metodo Martinotti o Charmat: storia e procedimento

Il nome di questa tecnica è dovuto Federico Martinotti, un artigiano che, nel 1895, ideò un sistema di produzione che gli permetesse di ridurre i costi e, al contempo, velocizzare la produzione. L’idea era molto semplice. Dopo la prima fermentazione, che avviene normalmente durante il processo produttivo, il vino è sottoposto a una seconda. Questa avviene all’interno di autoclavi d’acciaio tenute sotto pressione e a temperature controllate. All’interno, inoltre, sono aggiunti lieviti e zucchero. Questa seconda fase di fermentazione dura poi da 30 giorni a 6 mesi, durante i quali i lieviti, trasformano gli zuccheri in alcol e anidride carbonica. Il metodo, dopo la sua creazione, fu brevettato da Eugéne Charmat (da qui il doppio nome) che ne individuò con maggior precisione gli strumenti e le tempistiche necessarie per replicare un risultato ottimale.

Metodo Charmat lungo e breve

Come detto, l’intenzione originaria di Martinotti era quella di abbreviare i tempi di produzione, rispondendo quindi a un’esigenza pratica. Esiste, tuttavia, la possibilità di rifarsi a una variante di questo metodo che è detta Charmat lungo. In questo caso, la fase di fermentazione in autoclave può durare dai 9 ai 15 mesi, caratteristica che gli conferisce aromi più accentuati e un perlage più fine rispetto a quello un po’ evanescente che si potrebbe ottenere normalmente. L’utilizzo del metodo lungo, in alcuni casi, può richiedere però l’utilizzo di un liquore di dosaggio al termine della fermentazione. Inoltre, all’interno dell’autoclave utilizzata per la fermentazione stessa, sono inseriti degli agitatori a elica, che hanno lo scopo di rimettere in sospensione i sedimenti della fermentazione, favorendo così la creazione di un prodotto più complesso, che riesce meglio ad avvicinarsi agli spumanti prodotti con l’ausilio del metodo classico. Questa variante nel metodo è nata negli anni ’70, ed è opera dell’enologo Nereo Cavazzani.

I vini del metodo Martinotti

Come anticipato poco sopra, utilizzando la ricetta originale del metodo Charmat, si ottengono dei vini che si caratterizzano per essere freschi e dalle note fruttate, spesso molto leggeri. A livello aromatico e di perlage, però, ci troviamo davanti a un prodotto più semplice, di cui l’esempio più classico è senza dubbio il prosecco. Grazie all’utilizzo del metodo lungo è possibile ampliare, come visto, le caratteristiche che rendono il prodotto finale uno di maggior qualità, ottenendo risultati che possono avvicinarsi anche in modo sorprendente alle qualità degli spumanti prodotti con l’utilizzo del metodo classico. Un discorso a parte, invece, andrebbe fatto per quello che riguarda l’utilizzo del metodo nella produzione di vini dolci.

Metodo Martinotti e vini dolci

Quando si tratta di vini dolci, il metodo Charmat si basa, in genere, sulla fermentazione di mosti provenienti da uve generalmente molto aromatiche. Il Moscato Bianco o il Brachetto sono degli esempi abbastanza diffusi. Il mosto è inserito direttamente in autoclave, sostituendo così l’utilizzo del vino base, e la fermentazione è interrotta tramite filtrazione sterilizzante. Con questo procedimento si ottiene un vino spumante naturalmente dolce e anche a basso volume alcolico.

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